moriresullavoro

Morire sul lavoro

17 settembre 2010

11 settembre 2010
Muore schiacciato da un macchinario, in una fabbrica di Pescia (Pistoia) che tratta rifiuti per il riciclo, un operaio rumeno di 36 anni, Marius Birt. Si indaga sulle modalità dell’incidente.
Muoiono per asfissia in una cisterna a Capua (Caserta) tre operai. Antonio Di Matteo, 63 anni, Giuseppe Cecere, 50, e Vincenzo Russo, 43, di una ditta di Afragola, stavano effettuando in appalto lavori di manutenzione all’interno di una cisterna della ditta farmaceutica olandese Dsm, con impianti fermi.
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napoletano, colpito dai tragici eventi, ha emanato un comunicato per denunciare «la diffusa indignazione per il ripetersi di incidenti mortali causati da gravi negligenze nel garantire la sicurezza dei lavoratori in operazioni di manutenzione nei silos simili a quelle che già più volte in precedenza hanno cagionato vittime» ed. esprimere «la commossa partecipazione al dolore delle famiglie e delle comunità colpite».
Il Ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, nel partecipare il dolore dei congiunti e dei colleghi dei lavoratori, ha sottolineato che «colpisce in particolare il fatto che ancora una volta siano vittime di infortuni gravi o mortali nel lavoro coloro che operano in appalto specificamente nei servizi di manutenzione» e ha espresso il proposito di «operare per una specifica prevenzione relativa a questo tipo di infortuni convocando una riunione con le Regioni e le parti sociali per la effettiva applicazione della norma e una più accurata attività ispettiva in materia».

Riportiamo QUI l’editoriale del Prof. Martinelli sul Corriere della Sera del 12 settembre 2010.

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Pubblichiamo qui di seguito i contributi che ci sono giunti rispetto alle vicende sopra descritte.

“Ciò che abbiamo presentato nel corso del Seminario del 10 dicembre 2009  dimostra ancora la sua tragica attualità. Ancora una volta gli ‘Spazi Confinati’ sono diventati il luogo della morte di tre lavoratori. La formazione, l’addestramento, l’applicazione delle misure di sicurezza avrebbero potuto lasciare alle proprie famiglie queste tre persone”. Giovanni C. Carniel, Milano

“A seguito dell’incidente dello scorso sabato ho pensato a come sia tornato ancora tragicamente attuale l’argomento del convegno spazi confinati del dicembre 2009. In particolare come appaia sempre più trascurata una analisi dei reali rischi e come spesso venga sottovalutata la necessità di una competenza specifica in questi lavori: sono lavori sporchi che nessuno vuole probabilmente svolgere e chi decide di farlo lo fa non sottovalutando il rischio ma forse non ponendosi neppure la questione circa la sicurezza”. Maria Antonietta Citterio, Cremnago di Inverigo (CO)

“La lettura dell’articolo di Martinelli, con tutto ciò che le istituzioni “devono” fare e che “non è in alcun modo tollerabile o accettabile”, ha permesso a me di leggere tra le righe ed individuare che anche in questo settore  “una” ipotesi di cammino virtuoso in tema di sicurezza sul lavoro possa essere individuato nella “educazione” degli adulti. Quest’ultima intesa come desiderare (tirandolo fuori) per sé il bene che tenga conto di tutta la realtà:
a) qualità del lavoro che io eseguo,
b) tempo che io dedico per eseguirlo;
c) creatività e attenzione che io ci metto,
d) attenzione alla soddisfazione del  fruitore del mio lavoro;
e) flessibilità delle mie attività e degli orari di lavoro per rispondere ai bisogni  dei fratelli fruitori del mio lavoro o servizio, armonizzandoli con la vita  famigliare;
f)  rispetto dei colleghi;
g) rispetto dell’ambiente di lavoro;
h) rispetto del mondo circostante (il proprio piccolo per poi rispettare il mondo intero);
Questo cammino può significare, per chi lo persegue, condurre una vita più gustosa anche se chiede un sacrificio per conoscere la realtà (corsi di aggiornamento o letture significative) ed essere quindi consapevoli del destino buono per e di ogni uomo”. Roberto Vecchio, Milano

“Dell’articolo apparso sul Corriere della Sera mi ha colpito il fatto che non sembrerebbe di nessuna importanza la campagna pubblicitaria televisiva in atto sulla questione degli infortuni sul lavoro.
Se è condivisibile giudicare eccessiva la percentuale spesa dei fondi, indicata nell’articolo pari al 40 %, è certamente positivo diffondere capillarmente e, a mio giudizio, in modo efficace l’aspetto primario della sicurezza sul lavoro: la salvaguardia della vita.
Nel nostro Paese salvaguardare il “lavoro”, che tristemente spesso sembra perdersi dietro i cancelli chiusi o i reparti semivuoti di persone e, a volte, anche di macchine, è diventata una priorità. Sottolineare quindi che la vita delle persone viene prima del lavoro, richiamando gli affetti come la pubblicità radio – televisiva sta facendo in questi mesi è un monito che raggiunge (quasi) tutti, sopratutto  coloro che rischiano di più perché sottoposti a pressioni di ogni genere, in primis la perdita del lavoro stesso, oppure perché distratti  dalla loro spavalderia (giovani e operai edili)”. Michele Villa, Lissone (MB)


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