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Nutrire l’uomo – Una grande sfida per l’uomo moderno

29 giugno 2015

Nella sede della Fondazione Lombardia per l’Ambiente (FLA) a Seveso in provincia di Monza e Brianza, nella serata del 18 giugno 2015 si è tenuto un incontro su un tema centrale dell’EXPO.
Due relatori d’eccellenza, mons. Paolo Martinelli, vescovo ausiliare di Milano e Carlo Soave, professore ordinario dell’Università degli Studi di Milano e curatore della mostra sull’agricoltura del Meeting 2013, hanno dialogato sul tema “Nutrire l’uomo”. 

L’incontro, moderato dal giornalista Mario Gargantini, ha proposto un approfondimento del tema secondo la chiave di lettura proposta dall’Arcivescovo Card. Angelo Scola nel suo libro “Cosa nutre la vita”, argomento attuale e di grande interesse.
Per introdurre al tema della nutrizione, il prof. Soave ha voluto raccontare le origini dell’agricoltura agli albori dell’avventura umana. La diffusione nel pianeta della specie umana a partire dal continente africano è avvenuta in conseguenza di condizioni climatiche favorevoli e della necessità di ricercare in ambienti sempre più ampi e nuovi alimenti che la natura offriva direttamente. Si trattava semplicemente di raccogliere semi selvatici, cioè prodotti dalla natura e disponibili direttamente nell’ambiente.
E’ straordinario osservare come ad un certo punto della storia, contemporaneamente ma indipendentemente, in quattro punti diversi del pianeta (Mesopotamia, Cina, Ande e Messico), l’uomo ha sentito l’esigenza di passare dalla semplice raccolta di frutti da piante selvatiche all’addomesticarle, cioè a selezionarle e a piantarle. E’ la nascita dell’agricoltura ed è un passaggio geniale, formidabile, che cambia la storia. L’uomo, biologicamente uguale in tutti gli angoli della terra, originato dalla stessa radice, scopre e inventa nello stesso periodo storico la possibilità di coltivare, di diventare protagonista con il lavoro del proprio nutrimento. E’ molto bello inoltre osservare come il significato etimologico della parola coltivare, termine derivante dal latino, sia quello di prendersi cura e non ad esempio sfruttare.
L’evoluzione dell’agricoltura è stata costernata da numerosi progressi e certo anche da alcuni errori, si pensi ad esempio recentemente all’abuso di prodotti chimici per disinfestazioni e diserbi. Ma l’uomo è fondamentalmente un coltivatore, che sperimenta e crea avendo cura di sé e degli altri. Questo è importante: avere sempre la consapevolezza dei problemi, degli errori e del limite, ma ciò non deve bloccare la produttività dell’uomo coltivatore. Lo sviluppo di organismi geneticamente modificati (OGM) è una naturale conseguenza di questa ricerca dell’uomo “coltivatore” che ha sempre creato e continua a creare nella natura.
L’intervento del secondo relatore, Mons. Martinelli, è stato denso di riflessioni sui temi della creazione, della realtà e della povertà come strumento per la gestione delle cose.
All’interno dello stand della Santa Sede all’EXPO sono esposte due frasi bibliche significative: “dacci il nostro pane quotidiano” e “non di solo pane vive l’uomo”.
Il nutrimento è innanzitutto un dono e lo si chiede al Padre, vero Creatore del mondo e delle cose; inoltre il cibo ha una struttura conviviale e non individuale.
La cultura ebraico-cristiana pone al centro della natura l’uomo, co-creatore delle cose insieme a Dio, e secondo una recente critica di parte della cultura moderna è proprio questa concezione antropologica la principale causa dell’attuale disordine ecologico del pianeta. In forza di questo si ripropone una religione politeista, dove la figura dell’uomo sia meno centrale.
In realtà una lettura più attenta e corretta del libro della Genesi evidenzia come l’uomo non sia il padrone, ma custode e responsabile del dono della terra (il giardino del Paradiso terrestre). C’è il senso e il valore della coltivazione, cioè del prendersi cura dell’ambiente, un atto non meccanico, ma un lavoro, una vocazione.
Inoltre l’uomo ha la possibilità di dare il nome a tutte le cose, meno che a Dio; significa possedere in senso positivo, conoscere la vera realtà delle cose ed anche le differenze che caratterizzano ciascuna di esse. Dio è il vero creatore delle cose e non è possibile conoscere a fondo il suo mistero, non è possibile prendere il suo posto. Le cose, la vita rimangono un suo dono, anche se all’uomo viene chiesta una partecipazione a quest’opera di creazione.
In quest’ottica le cose, legate al proprio limite, vengono prese per essere “curate”, pur portando con sé il segno dell’infinito.
Occorre povertà di spirito ed un’educazione al bisogno autentico per non diventare schiavi delle cose. Liberato dalla pretesa, il povero ha lo stupore per le cose, per il semplice fatto che ci sono. Non possiede e trattiene il reale, ma lascia che le cose siano.
San Francesco nella Chiesa ha insegnato lo stupore del dono della vita.
La povertà è un accesso più profondo alla realtà, non è rinuncia fine a se stessa e per questo permette di parlare anche di temi importanti e delicati, quali il vero interesse e l’economia.
L’incontro si è concluso con alcuni interventi del pubblico che hanno consentito un confronto con i relatori su alcuni dei numerosi temi toccati.

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